War and Peace Series (Peace T-shirts)
Why are boundaries established? What kind of conflicts between nations can lead to war? When two or more nations are engaged in war, are there rules that must be followed? How can we exercise diplomacy in its various forms to avoid or ease disagreements or to build bridges when trust has been breached? These are just some of the topics being covered as part of our War and Peace series, presented to our 1 st, 2 nd and 3 rd year linguistic students. As the series comes to a close, the students were asked to produce an original design or slogan, to be included on a t-shirt. They were tasked with creating an image, which supports the idea of peace. The three classes then voted on the designs, selecting just one winning proposal per class. All students from both the linguistic and scientific high schools were invited to vote on these winning designs. Two were chosen and will be made available for a fundraising sale.
Fundraising efforts are in collaboration with Amici di Caburlotto. Proceeds from the sale will be donated to the non-profit organization, Soleterre to benefit pediatric cancer patients affected by the Ukrainian conflict.

Progetto “Guerra e Pace”

Perché vengono stabiliti dei confini? Per quale motivo una nazione giunge a dichiarare guerra ad un’altra? Quando due o più nazioni sono coinvolte in una guerra vengono rispettate delle regole? Come possiamo promuovere azioni diplomatiche per evitare tensioni e per agevolare e avviare le trattative di pace? Questi sono alcuni degli argomenti trattati all’interno del progetto presentato ai nostri studenti delle classi 1^-2^- 3^ Liceo Linguistico. Il progetto si conclude con l’ideazione da parte degli studenti di uno slogan o un’immagine originale, che evochi l’idea della pace. Alle tre classi dei Licei Linguistico e Scientifico viene richiesto di votare il disegno migliore dopo una preselezione all’interno di ciascuna classe. Il disegno utilizzato come logo viene poi stampato su vari oggetti (T-shirt, cappelli, matite, quaderni, borracce eco-friendly, ecc…) messi in vendita per beneficienza. La raccolta fondi, in collaborazione con gli Amici del Caburlotto di Roma OdV, sarà devoluta all’organizzazione non-profit, “Soleterre” che si occupa del sostegno e della cura dei malati oncologici pediatrici, in particolare dei bambini ucraini.

Progetto a cura delle Prof.sse Michela Marconi e Jennifer Woodward

MUNER - MODEL UNITED NATIONS EXPERIENCE RUN, consistente nella partecipazione, in qualità di delegato, a una simulazione di una seduta delle Nazioni Unite. Sabato scorso siamo partiti da Roma, ho preso un aereo dopo due anni che non viaggiavo, sono partita piena di emozioni e felicissima per l’esperienza che stavo per vivere e sono tornata con tutte queste emozioni elevate al quadrato. È stata un’esperienza incredibile. Un’avventura senza limiti, oltre ogni immaginario, vissuta con la
consapevolezza che una realtà del genere non ricapiterà così facilmente. Arrivati a Time Square si respira un’aria di felicità, già la prima sera ho colto subito la bellezza dell’insieme di culture presenti, di persone da ogni parte del mondo che rendevano la piazza e la città un’insalata mista in cui si può vedere e apprezzare la differenza delle varie foglie.

I primi tre giorni con grande sorpresa ho notato che al progetto MUNER almeno l’80% delle Commissioni era formato da italiani, il resto da americani e Inglesi. Abbiamo partecipato a simulazioni molto interessanti, ci siamo immedesimati nella vita di veri Delegati delle Nazioni Unite dove ognuno dei ragazzi, aveva un Paese in via di sviluppo da rappresentare e siamo riusciti a intraprendere un dibattito reale. L’ultimo giorno abbiamo partecipato alla cerimonia conclusiva in cui abbiamo avuto l’onore di ascoltare le parole incoraggianti e motivanti di Martin Luther King III che ci ha consigliato di non arrenderci mai.

I giorni seguenti abbiamo visitato la città … abbiamo camminato sul ponte di Brookling, siamo arrivati a China Town e a Little Italy dove abbiamo potuto osservare le varie culture presenti negli USA. Successivamente abbiamo visitato Central Park e vari musei, come il MET, nel quale vi erano numerose opere d’arte di famosi artisti, come Van Gogh, Klimt, Monet … Sono rimasto meravigliato dal Museo di scienze naturali che era composto da ben quattro piani. Al suo interno erano presenti le esposizioni più disparate: animali, habitat, minerali ecc. Una di esse era una sezione di tronco di una sequoia gigante con un’età che rasenta i millecinquecento anni. Una cosa che stupisce è la grandezza degli edifici e la magnificenza delle insegne pubblicitarie di Time Square. Abbiamo visto la Biblioteca Nazionale, con
le sue maestose sale che mi hanno affascinato particolarmente, ma la più bella vista è stata quella di salire sull'Empire State Bulding, precisamente all’86esimo piano, dove abbiamo potuto ammirare la spettacolare città.

Ho notato e mi ha fatto molto piacere la disponibilità e la gentilezza dei lavoratori nei confronti del cliente. Ridono, scherzano e sono veloci nel servizio. Ho trascorso le serate in compagnia tra i vari ristoranti conosciuti, quali Hard Rock e Bubba Samp. Ci siamo divertiti e con un po’ di nostalgia rammento i bei momenti e una parte di me è incastonata tra i negozi pieni di sorprese in quella città magica e caotica con i suoi scenari. La realtà più bella è stata vivere questa esperienza con persone speciali, vedere la loro felicità mi rendeva ancora più felice e sono sicura che senza di loro quest’esperienza non sarebbe stata la stessa. Tornata a Roma ho sentito un vuoto dentro e già mi manca tutto quello che abbiamo vissuto, tutti i momenti magici e indimenticabili.

Lavinia, Beatrice, Andrea, Jacopo, Beatrice 4^ LSC

Accueille, meet et nos bauen 一条路 nueva!

Sono queste le parole chiave del nostro progetto educativo: Accogli, conosci e costruiremo una strada nuova che si trasformano in divertenti Tongue Twisters inglesi ideati con creatività e entusiasmo dai nostri ragazzi del 4 Liceo Linguistico Europeo!!! E ora che abbia inizio la challenge degli scioglilingua inglesi per ripeterli il più in fretta possibile!!!

L’incontro con lo scrittore Alessandro D’Avenia ha affascinato gli studenti dei Licei dalla classe 1^ alla 5^. L’hanno ascoltato a lungo con sorprendente attenzione e coinvolgimento. Ecco solo alcune delle numerosissime impressioni inviate agli Insegnanti.

“RIBELLEZZA. Un attimo di rapimento scatenato e infuocato dall’incontro con un maestro, di un vero maestro che in poche ore ha saputo sfidarmi… riserverò per sempre un ricordo di gratitudine per avermi fatto aprire gli occhi… le sue parole mi hanno scosso, mi hanno accesa e liberata da quelle false convinzioni in cui mi sono ritrovata, come tutti a credere, mostrandomi un modo del tutto nuovo di vedere le cose… IL FINE DELL’ EDUCAZIONE E’ DIVENTARE LIBERI: E TU OGGI MI HAI RESA UN PO’ PIU’ LIBERA. GRAZIE! GRAZIE DI AVER CREATO IN INDELEBILE MOMENTO DI RIBELLEZZA”

(O. D’AMICO V Liceo scientifico)

“Mi è piaciuto molto quando Alessandro D’Avenia, a seguito di una domanda, si è soffermato sulla paura dei giovaninei confronti del futuro…problema su cui, quasi ogni giorno, mi relaziono… e mi è piaciuto quando ha detto che nella nostra vita c’è bisogno di un po’ di noia per stuzzicare la nostra curiosità e spingerci a fare qualcosa di nuovo”.

(F.CAMERATA V Liceo scientifico)

“Avrei preferito una risposta un po’più completa quando gli è stato chiesto del suo rapporto con Don Puglisi, poiché da diverso tempo sono interessato al fenomeno della mafia”

(F. PACIONI V Liceo scientifico)

“Non diventare ciò che vuoi, ma diventa ciò che sei…una frase che mi ha motivato, soprattutto in questa orrenda situazione”

(S. PIRAS V Liceo scientifico)


“ Le sue parole hanno testimoniato, per quanta mi riguarda, che l’approccio alla vita dello scrittore è forse il modello migliore che finora ho rintracciato in una persona adulta”

(A. RECH V Liceo scientifico)


“La vita ci viene data nella misura in cui noi ci diamo alla vita, per chi rimane chiuso nel proprio mondo scappando costantemente dalla realtà vera, la vita si spegne". Queste parole di Alessandro D’Avenia mi hanno fatto riflettere molto… La mia vita è ricominciata un anno fa, quando ho perso la mia mamma… all’inizio mi dicevo che non sarei mai riuscita a superare il dolore e invece mi sono rialzata perché ho capito di poter essere un punto di riferimento per gli altri… anch’io avevo una storia da raccontare”

(G.CATALINI IV Liceo scientifico)


“Le parole dello scrittore sono molto confortanti. Credo che capisca la situazione di noi giovani in questo periodo di grande incertezza e precarietà”

(R. PALMINI IV Liceo scientifico)


“Sono molto contento di aver avuto l’occasione di conoscere questa persona perché mi è davvero piaciuto il suo modo di pensare”

(V. DE SILVESTRO IV Liceo scientifico)


“A parer mio questo incontro è stato molto interessante e utile. Mi sono ritrovata in molte cose, ma soprattutto sono rimasta affascinata dal suo modo di relazionarsi, di parlare con noi. Perché è proprio questo il trucco secondo me. Sapersi relazionare con gli altri. Saper coinvolgere e saper intrattenere, senza annoiare, noi giovani”

(M. KHALLEF IV Liceo scientifico)


La cosa più strana è che ho riflettuto su un concetto solo quando me lo sono sentito pronunciare da uno scrittore che non mi conosce e non sa nulla di me: gli altri sono il luogo in cui noi ci riconosciamo, come è successo a Ulisse quando è tornato a Itaca”

(M. MARTUCCI IV Liceo scientifico)

"Più che un incontro io lo definirei una chiacchierata con i ragazzi… ci ha parlato come un amico, anche se con un po’ più esperienza sulle spalle”

(C. SALVETA IV Liceo sc)


“Sono partita un po’ scettica nei suoi confronti…ma questa volta sono rimasta felicemente sorpresa: nelle sue parole ho rivisto quelli che sono i miei pensieri e le mie paure”

(C. SCARPITTI IV Liceo scientifico)

“Francesca M.?” “Presente prof! “ “Un nome e cognome…non sembra poi così complicato …beh, dopo l’incontro con il professore sono andata a cercare quale fosse il significato del mio nome…

(F. MINOZZI V Liceo Linguistico Europeo)


“L’incontro è stato molto formativo perché mi ha permesso di vedere da un’altra prospettiva alcuni temi che, secondo me, avevano una sola possibile interpretazione”

(G. ZUCCHER V Liceo Linguistico Europeo)

Raccolta di idee dei nostri ragazzi durante il periodo di sospensione scolastica e didattica a distanza ...

 

ARTE

Vorrei raccontare l’esperienza che ho avuto con i ragazzi di prima media per quanto riguarda la didattica a distanza (DAD). Ho proposto loro un compito di realtà, prendendo spunto da una proposta del Getty Musuem di Los Angeles ho lanciato loro una sfida fotografica chiamata #photochallenge. Dovevano ricercare nel libro di arte o nel web, un’opera d’arte che a loro piaceva e ricrearla con i mezzi a disposizione. I lavori svolti sono molto interessanti. Qui alcune immagini, solo per rendere l'idea dello splendido lavoro effettuato dai ragazzi: BRAVI TUTTI!
prof. Lara Bonanni

MICHELANGELO, LA PIETA’ – KARIM CAPRIATI - 1A
CHARLES BURTON BARBER, COLAZIONE A LETTO – FLAVIO BENEDETTI - 1A
JACQUES-L. DAVID, LA MORTE DI MARAT –ARIANNA RONDINELLA – 1B
ANNIBALE CARRACCI, IL MANGIAFAGIOLI – EDOARDO PRUITI – 1B
LEONARDO DA VINCI, LA DAMA CON L’ERMELLINO –BENEDETTA LO PRESTI -1B
LUOIS-MICHEL VAN LOO, DENIS DIDEROT - DAMIANO CACCIOTTTI – 1B

ITALIANO - Padlet

Giovedì 2 aprile 2020, i Ragazzi della 2^B, della 3^B e del 2^ Lsc hanno partecipato a un flash mob poetico per riunirsi virtualmente e scegliere parole di ringraziamento e positività, parole necessarie in un momento così particolare come quello dell'emergenza sanitaria e del distanziamento fisico imposto dalla Didattica a Distanza. 

L'attività è stata promossa dall'Associazione "Parole O Stili" e si inserisce in un più ampio progetto di sensibilizzazione all'uso delle parole in rete. 

"Le parole commuovono, uniscono, scaldano il cuore. Oppure feriscono, offendono, allontanano. In Rete, spesso l'aggressività domina tra tweet, post, status e stories. I social media sono luoghi Virtuali ma le persone che vi si incontrano sono REALI, con sentimenti REALI. Parole O Stili ha l'ambizione di ridefinire lo stile con cui le perone stanno in rete, vuole diffondere l'attitudine positiva a scegliere prole con CURA e la CONSAPEVOLEZZA che le PAROLE SONO IMPORTANTI".

ITALIANO - Cartellone

ITALIANO - Tema

Andrà tutto bene di Federica Iorio - 5LSc

Chi avrebbe mai pensato che per salvare il mondo, nel 2020, sarebbe bastato così poco? E soprattutto chi avrebbe mai pensato che, nel 2020, a mettere in crisi l’intero mondo sarebbe stato un piccolo parassita di poche centinaia di nanometri? Quello che ci viene chiesto, ormai da più di un mese, è infatti rimanere in casa ed evitare di uscire se non in caso di necessità, per evitare contatti con altre persone. Circa 80 anni fa, anche ai nostri nonni era stato chiesto di salvare il mondo. In modo diverso però. Loro andarono in guerra. Combatterono contro i “nemici”, nei campi di battaglia. Ora, la situazione è un po’ differente. I veri soldati non sono coloro che indossano una divisa militare e tengono in mano un fucile o un’altra arma. I soldati del 2020, sono i cosiddetti camici bianchi, se si possono ancora definire così. Sono diventati ormai irriconoscibili. Indossano grandi e pesanti tute, una mascherina FFP3 (talvolta coperta da un’altra mascherina chirurgica), un paio di occhiali, un’ulteriore protezione per il volto e i guanti. Assomigliano più ad astronauti, come alcuni medici si sono definiti, che a medici. Sembra infatti che questo virus provenga da un altro pianeta. Quasi un alieno, un parassita mai visto prima. Così piccolo, praticamente invisibile, ma dotato di una sconvolgente forza distruttiva. I medici lavorano, anzi combattono, giorno e notte, 24h su 24h, instancabilmente contro questo piccolo grande nemico, nonostante le condizioni in cui si trovano non siano sempre a loro favore.  Il coronavirus ha stravolto la vita di tutti, a partire da quella dei medici, infermieri e volontari che sono in prima linea a salvare la vita delle persone in difficoltà, fino ad arrivare alla nostra. Siamo stati tutti colpiti. In un modo o nell’altro. Chi più chi meno.  Questo piccolo virus ci ha privati della nostra libertà. La libertà di uscire, di andare al ristorante, di vedere gli amici, di andare a scuola, di andare al lavoro. Di essere noi stessi. Ci ha privato della nostra identità. Non siamo più la stessa persona di 43 giorni fa. La nostra vita, le nostre abitudini sono cambiate radicalmente. La quotidianità e la normalità, a cui eravamo abituati, non esistono più. Ci sono state tolte. Abbiamo cominciato una nuova vita, completamente diversa e con nuove regole da rispettare. Stare a casa. Uscire solo in caso di necessità e indossare sempre una mascherina. Fare la spesa, buttare l’immondizia o fare una passeggiata con il nostro cane sono le uniche tre attività consentite. Durante la giornata non aspettiamo altro che una di queste tre occasioni per poter uscire. Per poter respirare. Per potere tornare a vivere veramente. Attimi di libertà, di aria fresca a cui non siamo più abituati. Sono tre semplici attività che probabilmente prima della quarantena tutti disprezzavamo. O meglio che consideravamo in modo diverso. Infatti, avremmo sicuramente preferito che qualcun altro della famiglia portasse a spasso il cane o che andasse a buttare l’immondizia. Ora, invece, ogni giorno è una lotta per decidere il fortunato che uscirà.  Almeno, questo è quello che succede a casa mia. La nostra vita è cambiata.  Il virus ha imposto restrizioni anche riguardo il contatto fisico. Ognuno di noi deve mantenere almeno un metro di distanza dall’altro. Mi vengono in mente di nuovo i medici e tutti coloro che giornalmente curano i malati di virus e in particolare, le misure di sicurezza che sono stati obbligati a seguire.  La mia mamma è un medico e, quasi ogni giorno, è a contatto con pazienti positivi al coronavirus.  Anche la mia famiglia ha dovuto, così, prendere delle precauzioni. Ad esempio, da quando è cominciata l’emergenza, mamma ha i suoi asciugamani, diversi dai nostri e usiamo bagni diversi. Da quando è scoppiata l’emergenza, stiamo cercando di rispettare il metro di distanza e di non starle troppo vicino. Da quando è scoppiata l’emergenza, non abbracciamo né baciamo più nostra mamma. Questo virus ci ha privati di gesti comuni, che fanno parte di noi, della nostra natura come esseri umani. Il virus ci ha quasi disumanizzati. Siamo stati privati di tutte quelle abitudini e azioni che, in quanto persone, sono sempre state alla base della nostra vita. Costituiscono la nostra vita e abbiamo sempre considerato un diritto. E forse, proprio per questo le abbiamo sempre date per scontate. Ripenso infatti alla me di qualche anno fa, ma anche solo alla me di due mesi fa. Uscivo, mi vedevo con gli amici nei ristoranti, nei parchi, andavo a scuola, abbracciavo e baciavo la mia famiglia e amici. Tutto questo senza mai riflettere e pensare a quanto fossi fortunata. Tutte azioni, che ormai erano diventate quasi abitudini, routine, a cui nemmeno facevo più tanto caso. Era tutto normale. Chi avrebbe mai pensato infatti che, dopo qualche giorno, poter fare la spesa sarebbe diventato un privilegio? Questo virus ci ha stravolto la vita. Sicuramente in modo negativo. Questo però non ci deve fermare dall’essere ottimisti. Pensare che Andrà tutto bene, frase ormai sentita e risentita in questi giorni, è lo spirito giusto per affrontare al meglio la situazione che stiamo vivendo. Non dobbiamo fermarci difronte a questa difficoltà. Non dobbiamo farci fermare da chi, già in partenza, era pessimista, rassegnato e pronto a una perdita.  Abbiamo riscoperto quanto sia bello essere italiani e quanto in situazioni del genere, possiamo essere un popolo solidale e unito. In effetti, nonostante il virus ci abbia relegati in casa, privato di ogni contatto a eccezione della nostra famiglia e isolato da tutto e da tutti, questa quarantena sta avendo l’effetto opposto. Ne sono una prova le varie iniziative che sono nate, come darsi l’appuntamento alle 18:00 per cantare a squarciagola, dal proprio balcone, tutti insieme alcune canzoni tipiche della tradizione e cultura italiana.  Per sentirci meno soli. Per far capire che, nonostante la situazione, siamo isolati solo fisicamente. Ma emotivamente siamo molto uniti. Forse anche più di prima. È come se difronte a questa emergenza mondiale, ognuno abbia accantonato i propri piccoli problemi, per concentrarsi su questo problema molto più grande e universale, che riguarda tutti. Ognuno di noi sta anteponendo il bene comune ai propri interessi personali. Stiamo lavorando tutti insieme per sconfiggere questo nemico comune. Proprio questo è l’ottimismo. Quella forza ed energia vitale presente in ognuno di noi. Tenere la testa alta quando sembra che tutto fallisca come afferma D. Bonhoeffer. Questo non vuol dire non avere paura. Non si può essere sempre impavidi. La paura è un sentimento che fa parte di noi. Ma proprio questa deve essere il nostro trampolino di lancio per far esplodere l’energia vitale e la speranza che è dentro ognuno di noi. Tutta questa situazione mi fa riflettere molto. Come mai è stata necessaria una pandemia globale per essere tutti meno egoisti, più altruisti e soprattutto uniti?  Quando improvvisamente, tutte le nostre certezze crollano e tutte le cose che consideravamo nostre e garantite, non lo sono più, la nostra vita cambia. La privazione di queste libertà ha modificato la società. Sembra quasi essersi appiattita. Siamo tutti nella stessa situazione. Politici, capi di stato, nobili, contadini, bambini, anziani. Tutti uguali. È proprio in questa fragilità comune che emerge l’unità. Si riscopre quell’umanità, che sembrava esserci stata tolta dal virus, ma che in realtà si presenta solo in una forma diversa: la solidarietà. Prima della pandemia ognuno di noi viveva nella propria bolla, una vita apparentemente perfetta in cui tutto era scontato. Tutto ciò che avevamo era un diritto, non un privilegio. Non ci rendevamo conto di quanto fossimo fortunati. Le piccole cose, a cui non facevamo nemmeno caso, si sono rivelate le più importanti. Come appunto un abbraccio della propria mamma. Quante volte lo abbiamo evitato, pensando tanto la posso abbracciare quando voglio! E invece questa situazione ci ha dimostrato il contrario. Forse è la Provvidenza Divina di Manzoni o la Fortuna di Boccaccio o semplicemente il destino, come dicono tutti, che ha preso le sembianze del coronavirus e si è inserito come grande ostacolo nella nostra vita, per farci apprezzare tutto ciò che abbiamo sempre avuto e per questo, talvolta, sottovalutato. Il virus ci ha fatto aprire gli occhi. Ci ha fatto capire quali sono i veri valori della vita. Quelli che dovremmo maggiormente approfondire e coltivare.  È proprio quando ci manca qualcosa che ne comprendiamo l’importanza. Mai avrei pensato, a 18 anni, di essere protagonista di una tale situazione. Mai avrei pensato di vivere una pandemia globale. Questo dimostra proprio come nella vita non si possono avere certezze. Tutto può cambiare da un momento all’altro. Inaspettatamente.  Il 4 marzo è stato l’ultimo giorno di scuola. Infatti dal giorno seguente è iniziata la quarantena ufficiale in tutta l’Italia. Per molti studenti è stato un ultimo giorno di scuola normale, ma per noi maturandi è stato l’ultimo giorno di scuola. Il fatidico ultimo giorno di scuola che, sin dal primo giorno del primo anno di liceo tutti si immaginano. Il mio ultimo giorno di scuola è stato completamente diverso da come lo avevo immaginato. L’ultimo giorno di scuola lo avevo sognato in classe, con i miei compagni. Immaginavo di fare il conto alla rovescia dell’ultima campanella di scuola della nostra vita. Immaginavo di urlare, di ridere, di piangere con i miei compagni. Immaginavo di mettere la canzone What time is it? di High School Musical e di ballare come una matta insieme a Giulia.  L’ultimo giorno di scuola della mia vita non è andato come lo avevo sognato. Non pensavo nemmeno sarebbe stato l’ultimo. È stato un giorno normalissimo di scuola, che ho vissuto come tutti gli altri, tra ansie e preoccupazioni di interrogazioni e verifiche. Posso dire quindi di non avere avuto un ufficiale ultimo giorno di scuola e mi dispiace. Se tornassi indietro lo vivrei in modo assolutamente diverso. Purtroppo però come si dice, non si può tornare indietro e cambiare il passato, si può solo imparare dai propri errori e migliorare il futuro. Questa situazione mi ha insegnato proprio questo: nulla è scontato, niente è garantito. Ho imparato a vivere al massimo. Vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, perché non si sa mai cosa potrà succedere un attimo dopo. Ho capito che un abbraccio della mamma non lo eviterò più, anzi lo cercherò.   Non vedo l’ora che la quarantena finisca per poter tornare alla mia nuova vita normale, riabbracciare i miei famigliari e i miei amici, e poter finalmente dire: Caro coronavirus, sei stato un nemico molto forte e difficile da sconfiggere, anche più del previsto. Ma proprio secondo il tuo obiettivo, abbiamo combattuto e lottato tutti insieme, uniti. Non ci siamo fatti scoraggiare dalle prime perdite. E ce l’abbiamo fatta. Ne siamo usciti più forti di prima. Quindi, grazie coronavirus. Grazie per averci stravolto la vita.

Nelle ultime tre settimane ho partecipato insieme alla mia classe al progetto Imparare Sentendo, promosso dall’associazione Gondwana, formata da persone che hanno prestato servizio civile in Paesi del mondo in cui la situazione è di grave emergenza. Gli incontri con questa associazione sono stati tre, e ognuno di essi si è svolto in maniera diversa e con modalità differenti. Nel primo, di lunedì 7 ottobre, si sono affrontati, in maniera generale, i Diritti Umani. Ho trovato questo primo incontro molto interessante, soprattutto perché mi ha aiutato a conoscere meglio dei diritti fondamentali che appartengono a me e a tutti gli esseri umani per il solo fatto di esistere.

Nel secondo, del 14 ottobre, si è cominciato ad affrontare il tema centrale del progetto, ovvero la migrazione, concentrandosi ovviamente sulla situazione italiana, e alcune cose mi hanno lasciato perplesso. Infatti, nonostante abbia trovato molto interessanti le storie, molto toccanti, dei due ragazzi (un siriano e un maliano) che hanno raccontato di come sono arrivati in Italia, ho trovato incompleti i dati forniti dalla dott.ssa Gloria Volpe riguardo all’immigrazione. Si è infatti parlato di 189mila rifugiati presenti in Italia, pari circa al 3‰ della popolazione. Mi ha sorpreso il fatto che questo sia stato l’unico numero presentato, poiché grazie alla ricerca personale ho scoperto che in Italia, secondo le stime della Fondazione Iniziative e Studi sulla Multietnicità (le più recenti da loro effettuate, risalenti al 1/01/2018) vi sono circa 6 milioni 108mila migranti, di cui 533mila privi di regolare permesso di soggiorno, quindi circa l’8,7% del totale a fronte dell’8,2% dell’anno precedente. Con questi numeri intendo semplicemente dire che avrei gradito un quadro più completo della situazione.

Nel terzo incontro si è invece svolta una simulazione: a ciascuno di noi è stata assegnata una storia (vera), in cui ci si doveva immedesimare. Abbiamo simulato una traversata sul Mediterraneo piena di difficoltà conclusasi con il salvataggio da parte di una ONG e con la simulazione dell’iter necessario per essere accolti in Italia. Da una parte l’ho trovata interessante, e anche molto coinvolgente, ma, siccome le persone le cui storie c’erano state affidate erano spesso sprovviste di documenti, per il diritto internazionale, a meno che non venga loro riconosciuto l’asilo politico, la protezione (sussidiaria o umanitaria) o lo status di rifugiati, esse sono immigrati irregolari. Mi sarebbe piaciuto, per evitare qualsiasi perplessità, fare un dibattito per poter proporre soluzioni ai problemi che sono stati presentati.

Per concludere, ho trovato questi tre incontri molto interessanti sotto alcuni aspetti, come quello dei Diritti Umani. In futuro mi piacerebbe partecipare ad altri incontri su temi diversi, legati ai Diritti Umani. Credo che sarebbe ancora più proficuo se gli incontri finissero con un dibattito in cui ciascuno potesse esprimere la propria opinione e porre domande per trovare risposte a ogni perplessità, perché sono convinto che questo arricchirebbe ogni persona. Gianluca 5^LLE

TESTIMONIANZA GLORIA

Durante il mio servizio con famiglie vittime di conflitto armato in America Latina una delle consuete riflessioni che facevo era come avrei potuto trasmettere questa realtà così diversa al lato di mondo da cui io provenivo. Trasmettere l’assurdità per cui solo rispetto l’emisfero in cui si nasce la realtà si capovolge e assume nuove priorità e significati. E per farlo, partire dalle scuole per me era una sfida e una scommessa.

L'idea dei laboratori è nata in Ecuador, per comunicare una realtà, un'emozione, un vissuto a chi disconosceva completamente cosa vivessero i rifugiati che scappavano dal conflitto colombiano e cercavano asilo in quelle terre, in un parallelismo molto simile a quello che esiste qui in Italia con i migranti che, se sopravvivono al viaggio, attraccano sulle nostre coste.

Sono una ragazza che fa parte di un popolo, di una generazione privilegiata che non è stata mai coinvolta nella guerra, se non attraverso gli occhi degli altri, le loro storie e il dolore per la morte di chi è stato ingiustamente ucciso a cui volevo un bene enorme. Alcune cose ti segnano per sempre, anche se tu non ne sei il protagonista e riportare la realtà di un mondo a quella di un altro spesso sembra un’impresa impossibile, tuttavia necessaria. Due realtà così lontane, di cui spesso le persone sono l’unico ponte per attraversarle.

Credo che i giovani rappresentino davvero la speranza di riportare una buona dose di umanità a questo mondo così meccanico, dove tutto è ricondotto a numeri e calcoli. E credo sia giusto approcciarsi a loro come noi vorremmo che ci insegnassero le cose, cioè coinvolgendoci. Spesso non c’è modo migliore per imparare se non attraverso l'esperienza diretta; vivere le cose sulla propria pelle, perché quando il dolore è degli altri, pesa sempre la metà del nostro.

Era la prima volta che sperimentavo degli incontri sui diritti umani con questa metodologia in una scuola italiana e, l'emozione di poterlo fare nella mia lingua, per la mia gente, nel mio territorio, era davvero tanta, soprattutto per l’incognita più grande: la reazione degli studenti. Il primo giorno che ho messo piede nelle aule della scuola S. Giuseppe del Caburlotto, come per l’ingresso in qualunque gruppo nuovo di persone, risalta subito chi ha un atteggiamento propositivo o curioso, chi quello di sfida, chi parte prevenuto o chi ti prende per l’idealista di turno. Per me difendere i diritti umani non è buonismo, ma un credo fondamentale che spero di essere riuscita a trasmettere. Un’utopia da raggiungere, che come diceva qualcuno, sono lontane per farci camminare.

Sicuramente, uno dei risultati più belli di questi incontri è stato vedere un cambio nell'atteggiamento di alcuni studenti: tra di loro, durante l'incontro e verso di me o i ragazzi che mi hanno accompagnato, per i quali sentivo una grandissima responsabilità esponendo le loro vite alla mercé di sconosciuti. Spesso la postura, lo sguardo, le espressioni del viso, insomma il linguaggio del corpo, comunicano più di mille parole.

Il primo giorno ho avuto la conferma di aver conquistato in parte la loro fiducia e seminato in loro interesse e curiosità verso quello che avremmo affrontato negli incontri successivi. La storia sui libri diventa noiosa se si pensa che è solo un racconto, ma quando la storia ce la racconta chi l'ha vissuta sulla propria pelle, questa rimane impressa e diventa indelebile. Durante il secondo incontro le sedie erano già in cerchio, unica forma in cui nessuno resta escluso.  I ragazzi che hanno raccontano il loro frammento di vita in un religioso silenzio hanno in-segnato (dal latino, lasciare il segno) più di un seminario accademico. Gli studenti sono stati testimoni dei loro ricordi e del loro dolore che, quando si ricevono in regalo si è obbligati a custodirli per sempre e tutti li hanno accolti con grande rispetto e compassione.

Durante la terza giornata, è avvenuto un piccolo miracolo. La dinamica di simulazione, grazie a un atto di estrema fiducia, ha permesso a molti di loro di mettersi nei panni di un migrante africano che sfuggiva da un caso di persecuzione e affrontava prima il viaggio e poi l’iter burocratico in Europa. Molti degli studenti hanno capito per un piccolo, piccolissimo frammento della loro vita cosa si prova a stare dalla parte del diverso, dell’emarginato, del perseguitato. A salvarli, nel gioco, c’era invece un rifugiato che quello che gli studenti hanno interpretato lo ha vissuto per davvero e che, quando mi ha dettato la sua testimonianza sull’esperienza, mi ha ringraziato infinite volte perché finalmente è riuscito a processare tutto quel dolore e liberarsene, regalandolo agli altri. Le emozioni emerse alla fine sono state molteplici: paura, dolore, incredulità, solitudine, frustrazione. Emozioni che se custodite e trasformate in energie positive possono agire per un cambio importante nella nostra società.

Prima di essere bravi studenti e professionisti in futuro, dovremmo formarci come esseri umani. Questa è la responsabilità più grande che compete le scuole. Ringrazio quindi tutte le persone che hanno permesso questo piccolo/grande miracolo. Le responsabili della scuola per avermi aperto la porta “a scatola chiusa”, le persone che mi hanno accompagnato per essersi affidate a me e gli studenti per aver avuto fiducia, rispetto, curiosità e soprattutto, grande sensibilità dimostrando che la fiammella che esiste in loro, se alimentata, può diventare in futuro un potentissimo fuoco.

TESTIMONIANZA MAJD (Siria)

Grazie per la vostra disponibilità, accoglienza e per aver condiviso del vostro tempo con noi sentendo le nostre storie ed entrando in una nuova realtà, e pure aver avuto fiducia in noi quando avete fatto l'esperienza nel gommone.

È stato tutto bello vi ringrazio tanto e spero di rivedervi presto! Majd Afisa

 

TESTIMONIANZA MAKAN (Mali)

Quando Gloria mi ha chiesto “come sei arrivato qui?” ho pensato “ma questa che vuole oh?”. Quasi mi veniva da ridere. Per me il senso di questo è fiducia, solo fiducia. Io prima quando sono arrivato nemmeno ci parlavo con i bianchi. Non parlavo con nessuno. Camminavo sempre da solo. Stavo camminando con un dolore grande e raccontare alle persone è difficile. Io piango solo dentro, fuori non sono in grado. Io non parlo del mio passato con nessuno, però con loro mi sono liberato. È stato difficile. Tanto dolore. Per me è stato bello aprirmi con loro, mi sono fidato, aperto. Non credevo. Sono rimasto tre giorni perso, senza parole, ma mi sono liberato dal male del passato. Raccontare il tuo dolore mi ha fatto pensare che è una cosa molto bella. Ho raccontato a tutti i miei compagni di casa, ho mostrato le foto, tutti sono rimasti molto contenti.

Non avevo mai avuto occasione di conoscere giovani come me che potessero capire la mia difficoltà.

Alcuni pregiudizi che avevo anche io sugli italiani sono andati via. Quando sono arrivato qui avevo paura del colore delle persone, ora sono libero. Come liberarsi di un muro. Voglio raccontare quello che è successo nel mio viaggio anche a mia madre. Ho pace nel mio cuore e penso solo al futuro migliore, sono contento. Io lo so che sono coraggioso e forte, ma sentirtelo dire da un’altra persona è diverso. I loro consigli mi hanno dato coraggio. Mi hanno detto che posso vivere ancora. Grazie a tutti.

Il feedback dei nostri studenti sul progetto

Questa è stata una delle esperienze scolastiche più belle che io abbia mai fatto, mi ha regalato una visione completamente diversa dalla mia e mi ha arricchito nel profondo. Specialmente l’incontro con i ragazzi è stato pieno di forti emozioni tanto che ho pianto. Spero di aver modo di fare un’altra esperienza così. Cecilia 4^ Lsc

I tre incontri svolti riguardanti i diritti umani sono stati molto ben sviluppati senza distogliere l’attenzione dai veri problemi. Tramite l’utilizzo di attività basate su giochi gli animatori sono riusciti a rendere un argomento così delicato e attuale molto leggero. E’ stata un’esperienza che mi ha insegnato molto e mi ha reso più cosciente delle difficoltà che affrontano le persone per arrivare in Europa e i rischi che corrono. Francesco 4^ Lsc

I tre incontri con l’Associazione di Gloria sono stati molto interessanti e stimolanti perché mi hanno dato una maggiore profondità percettiva riguardo al tema dei rifugiati. Gli incontri che mi sono piaciuti di più, personalmente, sono stati gli ultimi due perché sia tramite le storie di Majed e Makan sia con la simulazione in Aula Magna mi sono sentito coinvolto dal punto di vista fisico che emotivo. Anche il primo incontro è stato interessante dato che mi ha trasmesso molte informazioni sui diritti umani e sulla loro storia. Consiglio di far provare questa esperienza ai futuri quarti e quinti licei perché penso sia un progetto bello e utile per sensibilizzare le persone su un tema che ci appartiene sempre di più. Federico 4^ Lsc

Durante queste settimane siamo venuti a conoscenza di una realtà un po’ diversa dalla nostra che spesso viene sottovalutata. Gloria è una persona spettacolare, come ho scritto nella lettera che le ho inviato, qualsiasi cosa lei faccia ci mette tutta se stessa e il suo impegno ci arriva al cuore. Oltre a concetti relativamente importanti nella vita ci ha insegnato a guardare con occhi diversi l’ambiente circostante superando pregiudizi di ogni genere. L’ultimo incontro è stato il vero punto di svolta della nostra visione statica rispetto ai rifugiati. Abbiamo simulato il percorso di un rifugiato immedesimandoci in lui. Ringrazio Gloria per ogni gesto che ha fatto per noi e per il bellissimo abbraccio che mi ha dato dopo aver ricevuto la mia lettera. Denise 5^ Lsc

Penso che questi incontri siano stati davvero importanti, perché quando sentiamo e vediamo queste cose al telegiornale, non ci mettiamo mai a pensare veramente a queste persone che rischiano la loro vita pur di salvarsi dalle condizioni in cui si trovano, inoltre è stato utile perché molte cose non le sapevo o le ignoravo. Tutto questo ci ha fatto riflettere e comprendere meglio che siamo davvero fortunati. Carlotta 5^ Lsc

Gli incontri svolti durante queste tre settimane sono stati diversi dal solito e utili, dal primo all’ultimo. In particolare, per quanto mi riguarda, la cosa che più ha fatto riflettere è stato l’ascoltare le storie di due ragazzi emigrati dai loro Paesi d’origine. Dopo questi incontri la mia visione su ciò che ho di fronte ogni giorno è di gran lunga cambiata. Ho capito che non bisogna mai fermarsi all’apparenza, ma bensì cercare di scoprire cosa una persona ha vissuto e cosa ha da dire. Ci terrei quindi a ringraziare tutti coloro che sono venuti a parlare con noi, soprattutto tutti coloro che ci hanno aperto la mente. Elisa 5^ Lsc

Il tema dei rifugiati era già un argomento a me caro, ma questa esperienza mi ha fatto riflettere ancor di più di quanto potessi pensare. Credo che sia una iniziativa da fare in tutte le scuole, così da informare e sensibilizzare i giovani su un argomento così importante come le migrazioni. Ringrazio Gloria e i ragazzi per avermi trasmesso storie che porterò sempre con me. Gianmarco 5^ Lsc

Gli incontri svolti nel corso di queste tre settimane mi hanno permesso di avere delle delucidazioni sul tema dei diritti umani e delle migrazioni. Ho compreso i sentimenti di migliaia di migranti grazie alle interessanti testimonianze di due ragazzi che hanno vissuto in prima persona esperienze difficili e surreali. Inoltre i progetti sono stati ancor più interessanti grazie ai metodi usati dai ragazzi che hanno reso le lezioni oltre che formative anche divertenti. Gabriel 5^ Lsc

Nei precedenti lunedì abbiamo avuto l’opportunità di conoscere i rappresentanti dell’Associazione Gondwana. Quest’ultima ci ha permesso di comprendere appieno quali sono i Diritti Umani e ci ha dato anche l’opportunità di conoscere cittadini di diverse culture che ci hanno raccontato la loro storia. È stato molto interessante; un’esperienza che spero di rivivere perché ci fa realmente capire che “siamo tutti uguali”, senza distinzioni di razza, colore, genere, ecc. L’ultimo incontro, però, ci ha fatto capire che molti ancora soffrono per essere accettati. I profughi, ad esempio, vivono con la paura e il terrore di non essere accettati, eppure hanno il coraggio di mettersi in gioco ed arrivare nelle nostre città, rischiando la vita e perdendo la loro famiglia. Sofia 5^ LLE

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PCTO: PROGETTO IMUN E MUNER 2020

Quest’anno abbiamo avuto l’occasione di partecipare alla simulazione IMUN (Italian Model United Nations), la più grande simulazione ONU organizzata in Italia), un progetto mirato per Ragazzi del Liceo con il fine di educare e compiere un percorso di crescita.

Ci sono stati assegnati dei Paesi e degli argomenti di cui parlare.

E’ stato divertente poter immedesimarci nel Capo di governo di un Paese estero e tentare di trarre conclusioni e risoluzioni rispetto ad una problematica, con coetanei.

Dal 23 febbraio al 02 marzo 2020, sei di noi studenti andremo a New York, per partecipare al MUNER NY (Model United Nations Experience Run – New York) all’interno della più entusiasmante simulazione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite: il Global Citizens Model United Nations (GCMUN).

Questa volta saremo noi gli unici italiani!

Ci saranno Ragazzi provenienti da tutti i continenti e noi dovremo metterci alla prova con l’uso della lingua inglese e la capacità di comunicare in pubblico.

Siamo emozionati e carichi di entusiasmo per dimostrare quanto valiamo!

                                                                                                                by Francesca e Ilaria

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